Dall’ 11 marzo, appena 8 giorni fa, stiamo vivendo una restrizione di libertà mai sperimentata prima. Siamo convinti che sia necessario, non avendo le cure per la malattia causata dal Coronavirus: dobbiamo contenere l’espansione dell’epidemia e speriamo di riuscirci, come hanno fatto i cinesi. Siamo tutti scioccati, increduli di dover vivere un periodo sospeso di questa entità. Non sappiamo quanto durerà, non sappiamo chi morirà.
Siamo tutti a casa, i bambini non vanno a scuola, la maggior parte dei negozi sono chiusi e lo rimarranno non sappiamo per quanto. C’è un settore che lavora come mai prima: gli ospedali, con i loro reparti trasformati in Covid 19. Nascono nuove realtà, reparti di medicina si trasformano in reparti Covid, anche sale operatorie sono state trasformate in posti per poter ventilare pazienti che non riescono più a respirare autonomamente; cliniche vengono trasformate: il Covid19 Hospital nella ex clinica Columbus del Policlinico Gemelli di Roma è un esempio. A Milano nasce un ospedale negli ex edifici della fiera, i militari costruiscono ospedali da campo, per esempio a Crema. Gli anestesisti rianimatori - quelli che sanno intubare - sono i medici più ricercati. E sono stremati. Gli altri magari si vedono senza attività: non si fanno più ambulatori, se non strettamente necessari come quelli dell’oncologia e della ginecologia ostetricia; nessun intervento, se non strettamente necessario.
Siamo tutti angosciati da un piccolo virus in grado di cambiare il nostro mondo per sempre. L’ha previsto Bill Gates in un video del 2005: non dobbiamo temere le guerre, ma i virus. E assistiamo ora all’esercito che scende nelle strade e nelle piazze per contenere il virus; o piuttosto per contenere i cittadini indisciplinati che non rispettano le regole. Qualcuno dice è come in un film di fantascienza. Ieri solo ieri la cancelliera tedesca ha fatto il discorso davanti alla nazione dicendo che è la situazione più grave dalla seconda guerra mondiale.
Dobbiamo farci coraggio, informarci, stare lontani, non toccarci, uscire solo per lo stretto necessario; ma dobbiamo anche cantare dai balconi (ormai lo fanno pure i tedeschi), darci appuntamento con gli amici per una cena digitale via skype o whatsapp.
Ce la dobbiamo fare. Così da poter salutare i nostri sanitari eroici con un saluto militare, come hanno fatto i cinesi, riprendendoci la libertà.
Dagmar Rinnenburger, medico pneumologa, Roma